La Colatura d’alici di Cetara è uno dei tanti esempi di prodotti capaci di  identificare un paese, di rappresentarne l’identità più profonda. Senza ricorrere a forzature, si può dire che esso è nel codice genetico della gente di Cetara che nei secoli ha continuato a produrlo in silenzio per farne il condimento del piatto tradizionale delle feste natalizie. Ma molti passi devono essere compiuti per scongiurare il rischio, sempre incombente, di banalizzazione ed omologazione. Senza le dovute tutele, questo prodotto può comunque  essere  imitato e riproposto senza rispettare gli standard qualitativi che fanno della Colatura un unicum  nel suo genere: un antico condimento ricavato dalla salagione delle alici, per mezzo di un procedimento tramandato di padre in figlio. 

Nell’assoluto rispetto della tradizione cetarese, si può valorizzare l’intera filiera di produzione del singolare condimento, ottenuto secondo il metodo conosciuto ed applicato fino agli anni Sessanta dello scorso secolo. 

Nel corso degli ultimi decenni si sono diffuse diverse modalità di produzione dando luogo a prodotti non sempre in linea con le eccezionali qualità organolettiche della ‘vera’ colatura che i solo i cetaresi ben conoscono.  Al termine di una serrata ricerca, non solo documentale, raccolti i ricordi e i racconti degli anziani pescatori che avevano ‘esportato’ perfino in Algeria, fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo scorso, l’arte della salagione e della connessa produzione della colatura, sono state codificate le regole semplici e i tempi precisi del processo di produzione della Colatura tradizionale.

La materia prima di partenza è costituita dalle Alici o Acciughe (Engraulis Encrasicholus L.) pescate con la tecnica del ‘cianciolo’ (con utilizzo della lampara) esclusivamente nel Golfo di Salerno nel periodo primaverile, da fine marzo a fine luglio. Le acciughe, appena pescate, vengono sottoposte a decapitazione ed eviscerazione (‘scapezzate’) a mano, e sistemate – con la classica tecnica ‘testa-coda’ a strati alterni di sale ed alici - in un apposito contenitore in legno di rovere, il TERZIGNO (un terzo di una botte). Completati gli strati, il contenitore viene coperto con un disco in legno (detto tompagno), sul quale si collocano dei pesi (pietre marine). Per effetto della pressatura e della maturazione delle acciughe, un liquido comincia ad affiorare in superficie; mentre nel normale processo di conservazione delle alici viene prelevato ed eliminato, nella produzione della colatura ne costituisce l’elemento base. Raccolto progressivamente, viene conservato e sottoposto ad un procedimento naturale di concentrazione con esposizione alla fonte di luce diretta del sole estivo. 
Al termine del processo di maturazione delle alici (circa 4 - 5 mesi), in genere fra la fine del mese di ottobre e gli inizi di novembre, tutto è pronto per l’ultima fase del processo: il liquido raccolto e conservato viene versato nuovamente nel terzigno ove le acciughe erano rimaste in maturazione. Attraversando lentamente i vari strati (colando), ne raccoglie il  meglio delle caratteristiche organolettiche, fino ad essere recuperato, attraverso un apposito foro praticato nel terzigno con un attrezzo detto ‘vriale’, e trasferito in altro recipiente. 
Il risultato finale è un distillato limpido di colore ambrato carico (quasi bruno-mogano), dal sapore deciso e corposo, una eccezionale riserva di sapidità che conserva intatto l’aroma della materia prima, le alici salate, capace quindi di insaporire con poche gocce molti semplici piatti della cucina locale, dalle verdure ai classici spaghetti.

A partire dall’estate del 2002 è stata avviata la produzione di una limitata quantità di Colatura applicando il metodo descritto, nel rispetto assoluto di quelle semplici regole, per poi sottoporla ad una valutazione comparativa eseguita da esperti. Nel mese di dicembre dello stesso anno, nell’ambito della manifestazione ‘Alla riscoperta degli antichi sapori’ sul tema ‘La colatura d’alici di Cetara: dalla tradizione alla tipicità’ , un panel di assaggio composto da giornalisti, gourmet, gastronomi e ristoratori ha dato un suo primo importante responso. I sette componenti del panel hanno confrontato quattro varietà di colatura – senza conoscerne provenienza e modalità produttive – ed hanno espresso  un giudizio unanime  a favore delle superiori qualità organolettiche manifestate dal liquido contenuto nell’ampolla n. 4: la tradizionale colatura d’alici. Sotto le volte affrescate dell’ex Convento Francescano di Cetara si è manifestata la prima importante conferma: la vera colatura deve essere ottenuta dalla salagione di freschissime alici pescate poche ore prima nel Golfo di Salerno dalle cianciole, sempre meno numerose, che nelle notti di primavera e di inizio estate rischiarano con il luccichio delle loro lampare gli orizzonti della nostra Costiera Amalfitana.

La Colatura attualmente disponibile sul mercato – pur restando un prodotto peculiare – è  ottenuta con processi di lavorazione differenti da quello descritto. La materia prima non sempre è costituita da alici del Golfo di Salerno; la salagione delle alici non è eseguita nel terzigno ma in contenitori di diversi materiali; per il  filtraggio ci si avvale di teli di lino detti cappucci. 

Il Presidio Slow Food della COLATURA TRADIZIONALE DI ALICI DI CETARA nasce allo scopo di tutelare un grande prodotto e un pezzo di storia, con tutti coloro (pescatori,  produttori artigianali, ristoratori) che concorreranno a preservarlo da mere speculazioni commerciali. 

Si è avviato poi un percorso verso il conseguimento delle forme di tutela previste dalla normativa comunitaria, con la necessità di superare le non poche difficoltà già presentatesi. A partire dagli impedimenti originati dalle strette maglie della normativa igienico-sanitaria. Sarà necessario un forte impegno da parte degli enti locali: il Comune che dovrà consentire l’esecuzione sul proprio territorio della fase iniziale del processo, la Regione Campania  che dovrà predisporre deroghe alla normativa sanitaria generale. Da questi atti dipende la sopravvivenza del peculiare prodotto cetarese, nel rispetto di una secolare tradizione.